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Nasce una idea …


E’ lo stesso Fondatore che ci racconta, in un suo manoscritto del 1970, come è nata l’idea dell’Opera:
Nella triste cornice della miseria del dopoguerra impoverito maggiormente, in Calabria, dalla partenza dei giovani, in cerca di miglior fortuna vissi gli anni più giovani del mio sacerdozio, consacrato in modo preminente, all’insegnamento della Teologia Morale e Diritto canonico nel Pontificio Seminario Regionale “San Pio X” di Catanzaro.
Non ero però del tutto soddisfatto poiché mentre  insegnavo, enunciavo i principi morali dell’agire umano e cristiano  ma  sentivo che qualcosa mi mancava, che il mio sacerdozio era quasi monco ed incompleto perché privo di vitale aggancio alla vita reale. Vicino a me c’era quella realtà umana, che mi metteva brividi e tormenti: il mio paese era quasi vuoto, occupato da tanti anziani, a dura forza lasciati soli dai figli o dai parenti in cerca di migliore fortuna, che abitavano in oscuri tuguri pur rassegnati alla sorte di vivere gli ultimi anni nella solitudine,  senza conforto.  
Fu così che mi brillò l’idea di una casa grande e comoda, soprattutto calda di affetto in cui gli  anziani potessero vivere in comunità.  Per questo  la volli chiamare “Villa della Fraternità”, scartando altre denominazioni umilianti, come “Ospizio, Mendicicomio, Casa di carità”


Le “Case Popolari” : i primi passi …


Per cominciare Don Edoardo fece richiesta alla Amministrazione Comunale di poter utilizzare per la realizzazione di questa opera, così utile per Sant’Andrea, le “Case Popolari”, un edificio di proprietà del Comune che constava di 2 piani  ed aveva una estensione complessiva di 590 metri quadrati. L’immobile, era stato costruito nei primi anni Trenta ed era stato destinato nel tempo a rifugio temporaneo per alluvionati, a sede del Fascio e del Municipio comunale ecc,.
L’edificio, ormai abbandonato, versava ora in pessime condizioni statiche.

L’allora Sindaco avv. Gaetano Migali, la sera del 13 novembre 1957 riunì d’urgenza il Consiglio comunale in sessione straordinaria, per discutere sulla “destinazione delle Case Popolari in Via Roma”. ed alla fine della riunione si deliberò di “mettere a disposizione l’edificio” per il nobile scopo.
Fu così che Don Edoardo, affidò all’arch. Massimo Muratori di Roma l’incarico di elaborare il progetto di ristrutturazione per realizzare una struttura che consentisse un’“assistenza benefica e completa, compresa quella sanitaria”.
Lo scopo di don Edoardo, infatti, era ormai quello di “risolvere in forma organica e razionale i servizi assistenziali più importanti del paese di S.Andrea”. Il 21 luglio 1958, avevano inizio i primi lavori di demolizioni,  in attesa del progetto che fu inviato in data 22 agosto dal valente arch. Muratori”.
Nonostante la realizzazione del progetto richiedesse uno sforzo economico notevole con il sostegno della popolazione, sia di quella ancora residente che di quella emigrata nelle diverse città italiane e negli Stati esteri,  e grazie alla tenace volontà di Don Edoardo, l’opera nascente potè essere realizzata.
Infatti nell’autunno del 1960 il vecchio edificio ristrutturato era pronto ad accogliere le prime ricoverate.


La Settimana della Bontà per cominciare ...


Sul finire del 1960 l’Opera, che era stata denominata VILLA DELLA FRATERNITA’, era pronta per l’inaugurazione che fu programmata per il 6 gennaio 1961.

In attesa del grande giorno si svolse a S. Andrea  “dal 31 dicembre 1960 al 6 gennaio 1961  la Settimana della bontà, destinata alla visita dei locali e all’offerta dei doni da parte dei cittadini.

Era un ulteriore richiamo alla popolazione affinché continuasse a manifestare il grande senso di appartenenza e di carità cristiana a cui il popolo non rimase insensibile, donando con generosità, fino a tutto giugno, ogni cosa di cui disponeva e che - come “l’obolo della vedova” - era anzitutto un fervido e tangibile “segno di fede”.
Il 6 gennaio 1961,alla presenza del vecchio sacerdote don Luigi Samà, e dei concittadini, veniva impartita la benedizione all’edificio della Villa della Fraternità dove il reparto del pianterreno era già pronto ad accogliere le prime ospiti.  La cerimonia fu suggellata dall’arrivo di un lungo telegramma proveniente dalla Segreteria di Stato della Città del Vaticano, col quale un Cardinale della Curia inviava la benedizione del “Papa buonoGiovanni XXIII. L’apertura della Villa della Fraternità avvenne 3 giorni dopo, lunedì 9 gennaio 1961, e le prime 2 ricoverate furono entrambe di S.Andrea Jonio.

A prestare assistenza e cura alle ricoverate furono inizialmente due volontarie andreolesi “che credevano davvero alla carità e la servivano negli altri, senza nulla chiedere”e che nella loro attività quotidiana si prodigarono con grande amore e totale abnegazione.
Per la ripresa e il completamento dei lavori, furono indispensabili nuove offerte che permisero il completamento del primo e secondo piano, e che consentirono l’avanzamento decisivo dello stato dell’opera sospesa.
I lavori terminarono l’8 febbraio 1964.

Con le modifiche apportate, l’Edificio poteva ormai ospitare comodamente 45 persone.
La prima vera Direttrice giunse alla Villa della Fraternità solo nel mese di giugno 1961 e fu la sig.ra Maria Abruzzi, nativa di Maida, una laica molto attiva, caritatevole e religiosa, la quale coprì questo ruolo fino al 15 giugno 1965, allorché la gestione della Villa era ormai passata nelle mani delle Suore delle Poverelle di Bergamo.


Le Suore dell’Istituto  Palazzolo nella Villa della Fraternità


Verso la fine del 1962 don Edoardo sentiva urgente il bisogno d’affidare il governo della Casa a qualche Istituto religioso femminile, dotato di “personale direttivo spiritualmente preparato e idoneo a prestare, con generoso slancio e nello spirito genuino della carità cristiana, assistenza  ai molti poveri abbandonati del Comune di S.Andrea e della Provincia”.
Perciò fin dall’ottobre del 1962 si rivolse più volte  alla Madre Generale dell’Istituto Palazzolo”, chiedendo la grande Carità di avere la presenza di almeno tre  Suore delle Poverelle per la gestione materiale e spirituale della casa.

Dopo ripetuti dinieghi la Provvidenza volle che Madre Placida Pazzani, allora Superiora dell’Asilo-Orfanotrofio di S. Maria di Catanzaro, come ispirata dall’ alto, regalasse a Don Edoardo un quadro col busto del fondatore dell’Ordine, Beato Luigi Palazzolo, esortandolo ad esporlo alla Villa della Fraternità ed a pregarlo con calore, perché – disse – “se il Fondatore vorrà le Suore delle Poverelle verranno alla Villa”.
Alla devozione di tale quadro, che fu subito affisso nella piccola Cappella della Villa, furono allora rivolte le preghiere del Fondatore e delle ospiti ricoverate.
Così don Edoardo decise di scrivere nuovamente alla Madre Generale, alla quale si rivolgeva ora più fiducioso perchè sorretto dalla intercessione del Beato Luigi Palazzolo.
La risposta non tardò a giungere e, questa volta, la Madre Generale si mostrava più “possibilista”,
Fu così che alla fine del mese di gennaio 1965 una Sua preannunciava l’assegnazione di due Suore e la designazione a Superiora di Madre Placida Pazzani. 
L’ingresso delle Suore fu deciso per la mattina di domenica 30 maggio con immensa gioia per il Fondatore che, in questo periodo, non poteva esser che soddisfatto e felice insieme così come lui stesso racconta in un Promemoria scritto parecchio tempo più tardi (nel 1983), quando, rievocando l’ingresso di queste Suore nella Villa della Fraternità, ne parlerà come di una “favola a lieto fine” in cui si era risolta quella “impresa tanto ardua quanto benefica, da lui affrontata con tanto ardore cristiano.
A distanza di 45 anni il 22 agosto del 2010 in una cerimonia pubblica molto partecipata e molto sofferta, a causa della grave carenza vocazionale che ha colpito tutti gli ordini religiosi, è stato dato il saluto di commiato ufficiale all’ultima comunità delle Suore delle Poverelle operante alla Villa della Fraternità. L’evidente sconforto di questo momento è stato tuttavia alleviato dalla certezza che lo spirito del Palazzolo, così compenetrato in tutta l’opera, rimarrà duraturo a permeare lo spirito e le azioni dei tanti operatori laici che si sono formati lavorando a fianco delle 36 meravigliose Suore che hanno operato nella Villa della Fraternità.Ed altrettanto forte è la certezza che il Beato Don Luigi Palazzolo, che  “di forza è voluto entrare nella Villa della Fraternità”, continuerà a guidarla dal cielo ed a sostenerla con la Sua intercessione.


La Cappella delle Beatitudini


Completata la ristrutturazione e il restauro della Villa della Fraternità, affioravano man mano col tempo i problemi ancora irrisolti dell’ “Opera”.
Tra questi la necessità di creare una cucina ampia, comoda e moderna, che sostituisse quella esistente, che funzionava ancora “a legna” ed era “tanto angusta, da meritarsi l’appellativo di cucina-permesso”, e quella di sostituire la stanzetta finora adibita a Cappella con una Chiesa vera, spaziosa, “destinata al culto divino e ad ogni altra funzione che fosse conforme alle prescrizioni dei sacri canoni”.
Così, dopo 3 anni di lavori,  il pomeriggio del  27 marzo alle ore 16 la  Cappella fu benedetta e denominata Cappella delle Beatitudini.
Durante la prima S. Messa celebrata nella Cappella delle Beatitudini, Don Edoardo  spiegava la struttura e la linea architettonica dell’Edificio, mettendo in risalto i vari simbolismi religiosi artisticamente espressi e le ragioni della sua costruzione:   “Ma perchè questa Cappella è stata realizzata?
Ce n’era bisogno. Quella di prima, una stanzetta di appena dodici metri quadri, era assolutamente insufficiente. Per un Istituto poi che si richiama al Vangelo e si sforza di viverne lo spirito nella sua essenzialità (ch’è la carità e l’amore fraterno) era necessaria una Cappella, che anche esteriormente esprimesse l’importanza e la grandezza dei valori evangelici, delle realtà spirituali.
Per questo motivo ho voluto chiamarla “Cappella delle Beatitudini”. Il discorso della Montagna, infatti, costituisce la “magna charta” del messaggio evangelico e l’esaltazione sublime di quegli umili e grandi valori disprezzati dal mondo, ma – a giudizio di Gesù – i soli che valgono e dànno diritto alla gioia eterna.
In questi tempi tristi e preoccupanti della storia umana, densi di sconvolgimenti quasi apocalittici a tutti i livelli, segnati a fuoco da esplosioni di violenza, di odio, di torbido egoismo fino a raggiungere forme degne della giungla, ricordare e richiamarsi alle Beatitudini significa operare in profondità e silenzio la più grande contro-rivoluzione alla sete di potere, di denaro, di edonismo sfrenato, di cui fa sfoggio ogni giorno il grande palcoscenico del mondo.
E’ l’uomo nella sua interiorità che deve modificarsi. Solo così può nascere un mondo migliore: l’era che tutti auspichiamo, regolata dalla pace secondo giustizia nei rapporti umani e sociali.
La Chiesa, rinnovandosi continuamente nei suoi membri e nelle sue strutture, deve dare a questo mondo alienato e scardinato la carica potente e divina che il suo fondatore le ha conferito a salvezza degli uomini.
E’ l’augurio che faccio a tutti voi, a me, a coloro che vi entreranno. In questa Cappella le Beatitudini, scolpite sulla pietra, ce lo ricordano; scolpiamole nel nostro cuore e diamone degna testimonianza con la nostra vita.”


Il nuovo Centro Residenziale per Anziani


A partire dal 1961, anno di apertura della Villa della Fraternità, nell’arco di un decennio il numero dei ricoverati era notevolmente aumentato.
Naturalmente, molte richieste di ricovero non potevano essere accolte ed esaudite, specialmente quando si trattava di maschi oppure di coppie di coniugi anziani.
Ecco perché don Edoardo avvertiva l’urgenza di un “nuovo, grande edificio moderno, che avesse un maggior numero di personale ausiliario e potesse così ospitare indistintamente tutti gli anziani privi di assistenza che ne facessero richiesta, fossero femmine o maschi, coniugi o sacerdoti. 
Il principale problema rimaneva, naturalmente, il reperimento dei fondi economici e del suolo edificatorio, indispensabili per la realizzazione dell’opera.
La nuova sede, naturalmente, non poteva esser lontana dalla Casa già esistente e funzionante. Perciò, don Edoardo aveva rivolto lo sguardo alla collinetta di argilla rossiccia che si dispiegava di fronte alla Villa della Fraternità, sopra il serbatoio di acqua potabile comunale.
Essa era costituita da una ventina di appezzamenti di terra, appartenenti a 18 proprietari o eredi comproprietari e disseminati spesso di casette rurali o di porcili, ed era a volte incolta e abbandonata al pascolo, più spesso adibita alla coltivazione di vigneto.
Ci vollero 6 anni per convincere tutti i proprietari ed eredi a vendere la miriade di piccoli appezzamenti, ma nel frattempo Don Edoardo aveva affidato agli architetti Mario e Gloria Samà l’incarico di redigere il progetto del “nuovo Edificio” .

Tale progetto, era già pronto per la fine del 1978, così che “in occasione della Festa Patronale (27 luglio), durante la sosta della Processione di Sant’Andrea alla Villa della Fraternità, fu benedetta la PRIMA PIETRA del nuovo edificio...Tuttavia dopo la posa della prima pietra i lavori, subirono un lungo periodo di stasi, e ripresi i primi di maggio dell’82 si protrassero sino a fine febbraio dell’88.

La cerimonia inaugurale avvenne la sera del 30 luglio, alle ore 19, con una cerimonia “suggestiva” e “storica” insieme, cui presenziarono, S.E dr. Sandro Voci, Prefetto di Roma e l’on. Rosa Russo Jervolino, Ministro per gli Affari Sociali.
La Villa della Fraternità quella sera era gremita di gente, residenti e non, emigrati e turisti, che avevano accalcato la piazzetta antistante il Colle delle Beatitudini e la strada interpoderale che taglia in due tutta l’Opera della Villa della Fraternità.

In quella estiva serata ventosa, iniziava devotamente la solenne celebrazione della S.Messa, officiata sull’altare del “Calvario” da S.E. mons. Antonio Cantisani, vescovo della nostra Diocesi di Squillace, attorniato a latere da don Edoardo Varano e da vari altri sacerdoti. Al termine della celebrazione prendevano la parola prima il Sindaco,  ing. Gerardo Samà, poi il dott. Sandro Voci  e poi l’on. Rosa Jervolino, i quali tutti proferirono parole di alto elogio nei confronti dell’Opera, di cui mettevano in risalto il profondo significato sociale e morale, del suo Fondatore e del Paese.
Ma il momento più toccante fu quello in cui don Edoardo Varano, sull’onda di una profonda e visibile emozione, dava lettura del suo  “discorso inaugurale, nel quale egli, con profonda certezza affermava che “la realizzazione di questa imponente opera era dovuta esclusivamente all’intervento costante e puntuale della Divina Provvidenza” e che egli voleva insieme a tutti i presenti elevare “l’inno di ringraziamento al Signore che volle fare per noi cose veramente grandi. E’ stato Lui, infatti, il principale artefice, il ricco finanziatore ed il super regista dell’Opera” :   Don Edoardo era “stato soltanto  un povero strumento, che si era sforzato di ascoltare e seguire la Sua voce misteriosa”.


Il Centro Medico “Nuova Calabria”


Dato che nel gennaio dell’89 la Villa della Fraternità si era trasferita tutta nel “nuovo” Edificio, largo di spazi e di conforti di ogni genere, tutto sembrava compiuto. Ma l’animo del Direttore della Villa non era ancora tranquillo: lo assillava “il pensiero di dover completare e integrare le strutture assistenziali esistenti con un'altra, specificamente sanitaria.
Sarebbe stato il naturale compimento di un’opera concepita e realizzata a beneficio degli anziani, per i quali - come recita un motto millenario - “la vecchiaia già di per sé è una malattia”.
Pertanto, “per consentire agli Andreolesi e agli abitanti dei paesi limitrofi di avere - oltre ad una Casa destinata all’assistenza degli anziani - un’efficiente struttura socio-sanitaria, dotata di attrezzature necessarie per la riabilitazione motoria e per la diagnosi, all’interno della quale potessero svolgere la loro attività medici specialisti, mossi anche da spirito di volontariato”, nei primi mesi del ’96 Don Edoardo pregò il nipote, dott. Carlopietro Voci, di rinvenire a Milano dei validi professionisti cui affidare la progettazione di un Centro Medico. E questi, ricordandosi che  l'Ing. Andrea Bambini, che era stato suo compagno liceale, aveva creato numerose strutture sanitarie in Italia e all'estero, lo rintracciò, gliene parlò ed egli, oltre a mostrarsi subito entusiasta, lo mise in contatto con l'architetto Gabriella Ravegnani, anch'ella specialista in progettazioni sanitarie. A loro don Edoardo espose le sue idee, ed essi fecero un sopralluogo, allo scopo di capire la realtà e il contesto nel quale il futuro Centro Medico si sarebbe dovuto inserire.
Pochi mesi dopo, era pronto il progetto di una struttura polifunzionale volta ad erogare prestazioni sanitarie in regime ambulatoriale o di day-hospital.
Essa era composta da un piano seminterrato, due piani fuori terra ed da un sottotetto. I vari ambienti erano distribuiti, nella struttura di forma circolare attorno a un pozzo-luce centrale destinato ai pazienti in attesa.
Vi si accedeva oltre che dalla Via della Fraternità anche dal Centro Residenziale per anziani, attraverso un tunnel di collegamento.  I lavori cominciarono nel 1997 e furono terminati nel 2004.
In pieno clima natalizio iniziava, verso le 10 di sabato 15 dicembre 2007, alla presenza delle numerose Autorità e di una gremita folla, la cerimonia di inaugurazione del Centro di Riabilitazione, Diagnosi e Terapia “Nuova Calabria”.  


Ancora una sfida: l’Hospice


A due anni dalla inaugurazione, con l’obiettivo di dare risposte concrete alle esigenze più impellenti del territorio nel settembre 2009 è iniziata la realizzazione del progetto di rifunzionalizzazione del primo piano del Centro medico. Tale progetto era stato abilmente redatto dall’architetto Gabriella Ravegnani cui il Consiglio di Amministrazione della Fondazione, confermandoLe l’ormai stabile fiducia, aveva affidato l’incarico di realizzare una struttura sanitaria destinata alla accoglienza e cura dei malati terminali: Hospice.
La grave carenza sul territorio di strutture di questo tipo segnalava l’urgenza di dare risposte concrete alla popolazione e la Fondazione, per esprimere ancora una volta, in continuità con il Fondatore, la sua vicinanza ai problemi della gente, voleva raccogliere questa incalzante richiesta e fornire una soluzione efficace ed immediata. 
I lavori cominciarono celermente nell’autunno dello stesso anno e furono terminati esattamente un anno dopo nel settembre del 2010.
La solerzia e la professionalità dei progettisti e la tenacia del Direttore dei Lavori Arch. Giovanni Jannoni hanno velocemente condotto al raggiungimento dell’obiettivo di creare un’opera di eccellente livello che fa onore alla Calabria e che non trova uguali in tutto il territorio regionale.
 


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